Che è un sinonimo». Lo ha ben spiegato in una Messa a Santa Marta, ricordata dall’arcivescovo latinoamericano. «La vicinanza di Dio agli uomini è uguale a quella di una madre che mentre parla al suo bambino lo accarezza – disse Francesco nell’omelia –: anche Dio ci ama in modo gratuito e il figlio si lascia amare».
Rodriguez Maradiaga si è anche commosso ricordando le parole con cui Francesco più volte ci ha invitati a rileggere Isaia 41, «una vera canciòn de cuna, una ninna nanna che Dio canta per ciascuno di noi» come una madre. O ancora quando, nel novembre 2016, rivolto alla Caritas Internazionalis citò «il brano delle Scritture in cui c’è un Dio che piange perché il suo popolo non ricambia il suo amore. Questa tenerezza è l’essenza del nostro Dio che dice: anche una madre può dimenticare i propri figli ma io no».
Attenzione, però: la tenerezza implica la vicinanza, «significa toccarsi, abbracciarsi, non avere paura della carne», ha commentato il porporato, perché «Dio assunse carne umana e la carne di Cristo è di coloro che sono emarginati. Dunque proposte di spiritualità troppo teoriche sono una forma di agnosticismo», un sintomo di quella grave “cardiosclerosi”, durezza di cuore, che è il contrario della tenerezza. Linguaggi immaginifici e nuovissimi, quelli di Francesco, ma che si innestano nel solco dei Papi precedenti, dalla costituzione conciliare Gaudium et spes su una Chiesa capace di continuare la missione di Cristo in terra, all’esortazione di Giovanni Paolo II nel 1983 ai vescovi dell’America Latina ad avviare una «evangelizzazione nuova per ardore», passando attraverso il famoso “Discorso della luna” di Giovanni XXIII («Date una carezza ai vostri figli»), fino all’udienza del 1° febbraio 2006 in cui Benedetto XVI parlò proprio della tenerezza di Dio. Deus caritas est, Dio è amore, e in perfetta continuità con Diòs es ternura, Dio è tenerezza, di Francesco. Secondo il quale è la famiglia il luogo in cui noi tutti impariamo la tenerezza, persino quando è sofferente, e per questo la sua salute è decisiva per il futuro del mondo: «Le buone azioni sono cose che apprendiamo solo nella “lingua locale”, nel dialetto della famiglia. Nessuna nazione potrà sostenere il proprio compito se prima non reggerà la famiglia».
Da Avvenire 24 agosto 2018