Nella sua riflessione il Papa cita più volte don Puglisi. E declina il suo soprannome “3P” in «preghiera, Parola, Pane». Per il Pontefice, il sacerdote deve essere «uomo del dono e del perdono», «icona vivente di prossimità» capace di portare «concordia dove c’è divisione», di essere «icona vivente di prossimità», di avere una «semplicità genuina», di bandire «ogni forma di clericalismo che è la perversione più difficile da togliere». E ai preti raccomanda: «Mettetevi bene in testa: pastori sì; funzionari no». Inoltre racconta l’incontro con un cardinale che Francesco definisce «severo, conservatore». «Mi diceva: “Se uno viene al Padre, perché io sono lì a nome di Gesù e del Padre Eterno, e dice: Perdonami, perdonami, ho fatto questo, questo, questo…; e io sento che secondo le regole non dovrei perdonare, ma quale padre non dà il perdono al figlio che lo chiede con lacrime e disperazione?».
Non manca un riferimento alla pietà popolare. Il Papa chiede ai sacerdoti di «vigilare attentamente» affinché «non venga strumentalizzata dalla presenza mafiosa». Altrimenti, precisa, «anziché essere mezzo di affettuosa adorazione, diventa veicolo di corrotta ostentazione». E a braccio ammonisce: «Se una Madonna fa l’inchino davanti alla casa di un capomafia… quello non va, non va assolutamente».