“Adorare è un gesto d’amore che cambia la vita”. L’omelia di Papa Francesco nella Solennità dell’Epifania del Signore, ruota innanzitutto intorno alle figure dei Magi ed Erode, metafore di due diversi cammini. Il traguardo del percorso dei Magi è adorare Dio poiché questo, afferma il Pontefice, “è il senso di marcia della vita cristiana”: “un cammino verso il Signore, non verso di noi”. Erode, invece, adora solo sé stesso. Cosa ci insegna questo?
“Che l’uomo, quando non adora Dio, è portato ad adorare il suo io. E anche la vita cristiana, senza adorare il Signore, può diventare un modo educato per approvare sé stessi e la propria bravura: cristiani che non sanno adorare, che non sanno pregare adorando. È un rischio serio: servirci di Dio anziché servire Dio. Quante volte abbiamo scambiato gli interessi del Vangelo con i nostri, quante volte abbiamo ammantato di religiosità quel che ci faceva comodo, quante volte abbiamo confuso il potere secondo Dio, che è servire gli altri, col potere secondo il mondo, che è servire sé stessi!”.
Nel Vangelo, ricorda il Pontefice, ci sono altre persone oltre ad Erode che non riescono ad adorare. Sono i “capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo”. “Conoscono le profezie”, “sanno dove andare, ma non vanno”. Anche da questo, spiega il Papa, possiamo trarre un insegnamento:
“Nella vita cristiana non basta sapere: senza uscire da sé stessi, senza incontrare, senza adorare non si conosce Dio. La teologia e l’efficienza pastorale servono a poco o nulla se non si piegano le ginocchia; se non si fa come i Magi, che non furono solo sapienti organizzatori di un viaggio, ma camminarono e adorarono. Quando si adora ci si rende conto che la fede non si riduce a un insieme di belle dottrine, ma è il rapporto con una Persona viva da amare. È stando faccia a faccia con Gesù che ne conosciamo il volto. Adorando, scopriamo che la vita cristiana è una storia d’amore con Dio, dove non bastano le buone idee, ma bisogna mettere Lui al primo posto, come fa un innamorato con la persona che ama. Così dev’essere la Chiesa, un’adoratrice innamorata di Gesù suo sposo”.
Adorare è compiere un esodo dalla schiavitù
Francesco esorta poi a riscoprire l’adorazione “come esigenza della fede”:
“Se sapremo inginocchiarci davanti a Gesù, vinceremo la tentazione di tirare dritto ognuno per la sua strada. Adorare, infatti, è compiere un esodo dalla schiavitù più grande, quella di sé stessi. Adorare è mettere il Signore al centro per non essere più centrati su noi stessi. È dare il giusto ordine alle cose, lasciando a Dio il primo posto. Adorare è mettere i piani di Dio prima del mio tempo, dei miei diritti, dei miei spazi. È accogliere l’insegnamento della Scrittura: «Il Signore, Dio tuo, adorerai» (Mt 4,10). Dio tuo: adorare è sentire di appartenersi a vicenda con Dio. È dargli del “tu” nell’intimità, è portargli la vita permettendo a Lui di entrare nelle nostre vite. È far discendere la sua consolazione sul mondo. Adorare è scoprire che per pregare basta dire: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28), e lasciarci pervadere dalla sua tenerezza”.