“Ricostruire, ricucire e pacificare”, i tre verbi da riformulare, presi della sapienza antica del libro del Qoélet.
L’urgenza morale è “ricostruire ciò che è distrutto”, il patrimonio di un Paese bello e fragile, come sanno le persone che hanno perso tutto con il terremoto. L’urgenza “spirituale” è “ricucire ciò che è sfilacciato”: la comunità ecclesiale e il Paese. L’urgenza sociale è “pacificare ciò che è nella discordia”, in un Paese in cui domina il rancore sociale.
“Bisogna reagire a una ‘cultura della paura’ che, seppur in taluni casi comprensibile, non può mai tramutarsi in xenofobia o addirittura evocare discorsi sulla razza che pensavamo fossero sepolti definitivamente”.
È la parte della prolusione dedicata alle migrazioni. “Non è chiudendo che si migliora la situazione del Paese”, ammonisce il cardinale, rilanciando quanto affermato dal Papa nella Giornata del migrante: “Avere dubbi e timori non è un peccato”, il peccato “è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte”, in un clima politico che alimenta equivoci, incomprensioni e contese.
“I poveri, tutti i poveri, anche quelli forestieri di cui non sappiamo nulla, appartengono alla Chiesa per diritto evangelico”, ricorda il cardinale citando ancora Paolo VI: “In virtù di questo diritto evangelico – e non certo in nome di una rivendicazione sociale – ogni cristiano è chiamato ad andare verso di loro con un atteggiamento di comprensione e compassione”. “L’antisemitismo è inammissibile”, e “noi siamo spiritualmente semiti”. Sono le parole coraggiose di Pio XI, rilanciate dal presidente della Cei insieme a quelle della Populorum progressio contro il razzismo. L’Italia è un esempio virtuoso in questo senso, ricorda Bassetti ringraziando Francesco per le parole di gratitudine verso il nostro Paese adoperate nel recente discorso al Corpo diplomatico.