E ha invitato a fuggire “il desiderio di potere e di gloria” tipico di coloro “che non riescono a guarire la memoria della loro storia” e quindi non accettano “di impegnarsi nel presente”, mettendosi a discutere su chi ha “brillato di più” o “è stato più puro nel passato”.
Il Pontefice ha esortato a evitare questo “atteggiamento sterile e vano” e ha proposto come “antidoto” lo stare vicino, lo “stare in mezzo” alle minoranze etniche, ai disoccupati costretti ad emigrare, agli anziani, ai “giovani che non trovano senso alla vita perché hanno perso le loro radici”.
Ha invocato insomma una Chiesa “in uscita” che si spende per “i più piccoli, i dimenticati, quelli che vivono nelle periferie esistenziali”. Dopo la messa, la recita dell’Angelus. E qui che Papa Francesco ha ricordato che 75 anni fa la Lituania “assisteva alla definitiva distruzione del Ghetto di Vilnius”, momento culminante dell’”annientamento di migliaia di ebrei che era già iniziato due anni prima”.
“Facciamo memoria di quei tempi, - ha rimarcato il Pontefice - e chiediamo al Signore che ci faccia dono del discernimento per scoprire in tempo qualsiasi nuovo germe di quell’atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore delle generazioni che non l’hanno sperimentato e che potrebbero correre dietro quei canti di sirena”.