Capitolo II – Conversione pastorale
Centrale, inoltre, il richiamo alla natura missionaria della Chiesa: la missione non è qualcosa di facoltativo – ricorda il testo – perché la Chiesa è missione e l’azione missionaria è il paradigma di tutta l’opera della Chiesa. In Amazzonia, essa dovrà essere “samaritana”, ovvero andare incontro a tutti; “maddalena”, ossia amata e riconciliata per annunciare con gioia Cristo Risorto; “mariana”, cioè generatrice di figli alla fede e “inculturata” tra i popoli che serve. È importante, poi, passare da una pastorale “di visita” ad una pastorale “di presenza permanente” e per questo, il Documento sinodale suggerisce che le Congregazioni religiose del mondo stabiliscano almeno un avamposto missionario in uno qualsiasi dei Paesi amazzonici.
Il sacrificio dei missionari martiri
Il Sinodo non dimentica i tanti missionari che hanno dato la vita per trasmettere il Vangelo in Amazzonia, le cui pagine più gloriose sono state scritte dai martiri. Al contempo, il Documento ricorda che l’annuncio di Cristo nella regione si è compiuto spesso in connivenza con i poteri oppressori delle popolazioni. Per questo, oggi la Chiesa ha “l’opportunità storica” di prendere le distanze dalle nuove potenze colonizzatrici, prestando ascolto ai popoli amazzonici ed esercitando la sua attività profetica “in modo trasparente”.
Dialogo ecumenico e interreligioso
In questo contesto, grande importanza ricopre il dialogo, sia ecumenico che interreligioso: “via indispensabile dell’evangelizzazione in Amazzonia” – dice il testo sinodale – esso deve partire, nel primo caso, dalla centralità della Parola di Dio per avviare cammini reali di comunione. Sul fronte interreligioso, invece, il Documento incoraggia ad una maggiore conoscenza delle religioni indigene e dei culti afro-discendenti, affinché cristiani e non, insieme, possano agire in difesa della casa comune. Per questo, vengono proposti momenti di incontro, studio e dialogo tra le Chiese amazzoniche e i seguaci delle religioni indigene.
L’urgenza di una pastorale indigena e di un ministero giovanile
Il Documento richiama, inoltre, l’urgenza di una pastorale indigena che abbia il suo posto specifico nella Chiesa: è necessario creare o mantenere, infatti, “un’opzione preferenziale per le popolazioni indigene”, dando anche maggiore impulso missionario tra le vocazioni autoctone, perché l’Amazzonia deve essere evangelizzata anche dagli amazzonici. Spazio, poi, ai giovani amazzonici, con le loro luci e le loro ombre: divisi a metà tra tradizione e innovazione, immersi in un’intensa crisi di valori, vittime di tristi realtà come povertà, violenze, disoccupazione, nuove forme di schiavitù e difficoltà di accesso all’istruzione, essi finiscono spesso in carcere o morti suicidi. Eppure, i giovani amazzonici hanno gli stessi sogni e le stesse speranze degli altri ragazzi del mondo e la Chiesa, chiamata ad essere presenza profetica, deve accompagnarli nel loro cammino, per evitare che la loro identità e la loro autostima vengano danneggiate o distrutte. In particolare, il Documento suggerisce “un rinnovato e audace ministero giovanile”, con una pastorale sempre attiva, incentrata su Gesù. I giovani, infatti, luogo teologico e profeti di speranza, vogliono essere protagonisti e la Chiesa amazzonica vuole riconoscere il loro spazio. Di qui, l’invito a promuovere nuove forme di evangelizzazione anche attraverso i social media e ad aiutare i giovani indigeni a raggiungere una sana interculturalità.