Papa Francesco in Myanmar
Francesco è il profeta dell’età moderna. Ha spesso parlato di “prospettive dalla periferia” e ha esortato tutti i pastori a recarsi tra le pecore e ritornare “odorando di pecora”. Fedele alla sua parola, si è recato in Myanmar, da questo piccolo gregge di cattolici. I cattolici sono appena 700.000. Il paese è tra i più poveri al mondo. La Chiesa sopravvive in mezzo a sfide difficili. Il tema della visita è: il Papa missionario di «amore e pace». Ed è giunto in un momento in cui il paese fa notizia a causa della migrazione di migliaia di persone. C’è la grande speranza che la sua presenza riesca a sciogliere il cuore di tutti e spingere il paese verso una pace duratura.
In Myanmar il buddismo è la religione maggioritaria. La pratica popolare di meditazione vipassana (consapevolezza) è nata qui. Il monachesimo e l’ascetismo sono parti integranti del buddismo. Nei monasteri buddisti ci sono 500.000 monaci e 70.000 monache, che vivono una vita di testimonianza, con le loro ciotole delle elemosine.
Il cristianesimo è arrivato nel sedicesimo secolo, quando i contatti commerciali con Goa portarono qui alcuni missionari. Inizialmente la vita per i cristiani era difficile. Tanti furono i martiri nei primi anni di evangelizzazione, come la strage di alcuni cristiani laici e di quattro sacerdoti. Chi sopravvisse, si rifugiò nella parte centrale del paese. Quella comunità è ancora prospera e fonte di molte vocazioni. Nel diciottesimo e diciannovesimo secolo, i missionari cattolici tornarono nuovamente in Myanmar. Questa volta, grazie alle buone relazioni con i re e il dialogo col buddismo, poterono muoversi all’interno del paese. Il gruppo etnico bamar, che aveva una grande tradizione buddista, non accolse con entusiasmo il messaggio del Vangelo, ma le altre comunità etniche sì. fede. Oggi il 90 per cento dei cristiani appartiene a queste comunità. Si trovano cristiani tra i kachin, i kayah, i chin e i karen. Ma ci sono anche cristiani di origine cinese o indiana