È una lunga scia di sangue però che in questo Paese si perpetra da anni. Voi vi aspettavate un attacco simile...
No, noi siamo rimasti sorpresi, perché da dieci anni non si verificava un incidente qui. La situazione era nel complesso abbastanza pacifica e i turisti stavano facendo ritorno nel Paese. L’economia stava ripartendo e avevamo molte speranze. Questo attentato è un po’ strano: c'era qualche tensione tra la comunità islamica e quella di maggioranza, ma non credevo che la situazione fosse così drammatica, tanto da avere questo tipo di attentato. Si vede che dietro tutto questo c’è qualche sfumatura internazionale. Noi non possiamo dire quale gruppo sia dietro questo attentato, perché non si può puntare il dito contro una comunità particolare: dobbiamo essere intelligenti.
Come vede il futuro in questo momento?
Se il governo esercita la sua autorità e indaga bene sul caso, può trovare queste cellule - si tratta di piccoli gruppi - e se li trova e li neutralizza, allora la situazione tornerà alla normalità. Tra la comunità islamica e le altre comunità c’è abbastanza pace e concordia: possiamo sviluppare maggiormente questa situazione.
Lei ha potuto parlare con alcuni fedeli che hanno subito lutti e feriti?
Sì, ho parlato con alcune persone. Stasera andrò a visitare gli ospedali. Purtroppo alcune famiglie hanno perso tutti: papà, mamma, figli…tutti morti nello stesso attentato. Queste cose sono veramente molto molto tristi. Non si sa cosa possiamo dire a questa gente perché erano andati a pregare, erano andati dal Signore.
Cosa può fare la comunità internazionale?
Io credo che il migliore aiuto che la comunità internazionale possa dare è di comprendere la situazione, assistere il governo locale e i capi religiosi locali a trovare la soluzione senza mettere il dito troppo dentro le politiche interne del Paese.
Da Vatican News