Sono queste le prime notazioni che vengono in mente nel leggere la lista diramata domenica 9 ottobre subito dopo l’Angelus. Prima di tutto l’universalità della Chiesa. “A me piace che si veda, nel Collegio cardinalizio, l’universalità della Chiesa: non soltanto il centro, per dire ‘europeo’, ma dappertutto. I cinque continenti, se si può”, aveva anticipato Bergoglio, tornando da Baku.
Le scelte confermano in pieno questa intenzione: tra gli elettori figurano infatti tre europei, tre dell’America Latina, tre statunitensi, due africani, un asiatico e un nuovo cardinale dall’Oceania. Il Papa chiamato quasi dalla fine del mondo estende dunque il suo sguardo paterno fino agli estremi confini della terra (Port Moresby in Papua Nuova Guinea), con un’attenzione preferenziale per le periferie del pianeta.
Si può leggere così, ad esempio, la nomina di Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dhaka in Bangladesh, primo cardinale nella storia di quel Paese (350mila cattolici su 160 milioni di abitanti), tra l’altro uno dei più poveri del pianeta e dove la convivenza con i musulmani non è sempre pacifica. In secondo luogo l’amore paterno per chi soffre.