Quanti giovani oggi sono vittime della disoccupazione! E quando non c’è lavoro, rischia la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita. Oggi sono vittime di questo. Quanti di loro hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati, benché siano corrotti, e impedisce a chi merita di affermarsi. Il premio sembra andare a quelli che sono sicuri in sé stessi benché questa sicurezza sia stata sviluppata nella corruzione».
Il Santo Padre, proprio con la sua illuminazione che lo contraddistingue e lo guida, ha a cuore queste dure realtà italiane e non solo. Il lavoro manca, o in alcuni casi, c’è ma non si vuole più fare. Francesco afferma: “Soffro quando vedo tanta gioventù senza lavoro, disoccupata, pensate che qui in Italia da 25 anni in giù quasi il 40 per cento è senza lavoro, cosa fa un giovane senza lavoro? Si ammala, deve andare dallo psichiatra, cada nelle dipendenze, si suicida. Le statistiche dei suicidi giovanili non sono pubblicate! Ma pensate, questi giovani sono la nostra carne, sono la carne di Cristo, e per questo il nostro lavoro deve andare avanti per accompagnarli e soffrire in noi quella sofferenza nascosta, silenziosa che li angoscia tanto nel cuore”
I giovani sono il nostro futuro. Sui giovani si deve puntare e dare a loro tutte le possibilità per realizzarsi e crescere sia professionalmente che nella fede. All’epoca della Rerum Novarum, così come spesso accade oggi, il giusto salario era generalmente considerato quello determinato dalla legge della domanda e dell’offerta. La Rerum Novarum invece, afferma esplicitamente che si fa violenza al lavoratore se si approfitta della sua condizione di necessità e che la quantità del salario non dev’essere inferiore al sostentamento dell’operaio e della propria famiglia (RN 34-35), ricordando che già «le umane leggi non permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici, e di trafficare sulla miseria del prossimo. Defraudare poi la dovuta mercede è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio» (RN 17).
Ricordate il discorso a Genova di papa Francesco del 27 maggio 2017? Come il Santo Padre affrontò questo delicato tema ed il ruolo degli imprenditori, operai e fabbriche? La figura del datore di lavoro/imprenditore, è stata adeguatamente precisata nelle sue caratteristiche morali dalla Dottrina Sociale della Chiesa. A cominciare dai primi documenti dei Pontefici sono denunciate le criticità imprenditoriali che fanno capo ad una visione dell’economia incapace di mettere al suo centro la persona umana e la sua dignità. Il dipanarsi di questi insegnamenti, che spesso traggono spunto da quanto va accadendo in un determinato momento, ci offre un crescendo di annotazioni che trovano un vertice nella Caritas in Veritate di Benedetto XVI del 2009. Papa Benedetto in questa enciclica ci offre una visione dell’imprenditore, dell’economia, del mercato e della finanza nella loro autentica dimensione morale, alla quale, in perfetta continuità, si riferisce Papa Francesco con uno stile, questo sì, del tutto personale e capace di interloquire con tutti lavoratori, indipendentemente dalla loro fede, perché espressione della verità del Vangelo e dell’essere umano, di ogni luogo e di tutti i tempi.