Al tempo stesso è cambiata la politica e, così, il contesto culturale. Dalla democrazia del Parlamento (l’era di De Gasperi ed Einaudi), siamo passati alla democrazia dei partiti (l’era del pentapartito) fino a planare nella democrazia del pubblico (l’era dei sondaggi, della rete, dei populismi). La democrazia resta un grande valore dell’Europa e rappresenta ancora la forma più efficace per governare rispettando libertà e dignità. Eppure osserviamo che è in crisi il rapporto politica-popolo e siamo ormai legati alla democrazia dei sondaggi. Forse alcuni pensavano di inseguire il consenso elettorale senza avere un rapporto con la realtà; ma senza presenza sociale, culturale, vicinanza alle periferie non c’è presenza politica. I partiti populisti che vincono le elezioni in Europa hanno acquisito una grande capacità di dosare algoritmi e presenza sociale o/e social.
Occorre ricostruire le tessere del mosaico del bene comune ripartendo dalla formazione. Perché azione e pensiero sociale devono tornare a incontrarsi. La fecondità politica delle migliori stagioni del movimento cattolico è stata il frutto di iniziative economiche, cooperative, sindacali, sociali e civili. Se l’agire politico è inquinato da corruzione, accordi con la criminalità organizzata, gestione clientelare, la coscienza sociale si eclissa e hanno buon gioco le sirene populiste. È decisivo il ruolo che i cattolici possono svolgere in una Italia dove la politica divide in modo violento. Tornare a ragionare politicamente fuori dai fanatismi, promuovere una stagione di unità degli italiani su quanto hanno di più caro: Costituzione, valori della democrazia, Stato di diritto, pluralismo, libertà. Aiutando tutti a riscoprire una politica non urlata, che cerca di far prevalere l’unità sul conflitto.